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PRIMA DELL’ALBA

Le 4 in punto, la sveglia è inesorabile, cerco di spegnerla il prima possibile ancora avvolto da un sonno mortale. Alla sera bisognerebbe andare a letto prima, ma va bene così.

Oggi c’è una novità, un’idea che mi ha suggerito Maurizio da Tesero: partire prima dell’alba, per vedere quello che ti circonda in modo diverso, per cambiare la prospettiva sul quotidiano.

Ho preso dei fari nuovi, scelto l’abbigliamento adatto e soprattutto ho selezionato un bel percorso: la restera sul Sile, lontano dal traffico, immerso nella natura.

Alle 5 esco, la temperatura è buona, è buio pesto, poche luci sulle strade.

Guardo in alto, penso a Stelio che solo ieri abbiamo commemorato in tanti, a Stelio che ci lascia un grande vuoto.

Si parte.

Dopo pochi km su asfalto e arrivo a Fiera, inizia lo sterrato.

Ci sono passerelle e ponti nuovi, con il faro da casco illumino i cartelli “cicli a mano”, vado veloce, non c’è nessuno.

Gli unici rumori sono quelli dei miei copertoni e delle anatre che si agitano nell’acqua al mio passaggio.

Il percorso è ben battuto ma le piante a lato già cercano di appropriarsi dello spazio che è stato loro sottratto.

Oggi sono sicuramente il primo a percorre queste strade, lo capisco dalla quantità di ragnatele che strappo e che mi porto dietro.

Vado veloce, la strada la conosco abbastanza bene e poi con il faro da casco riesco a vedere bene i cartelli, anticipare le curve, evitare i rami più bassi.

Nelle tenebre intravedo le luci delle barche ormeggiate nel Sile, le sagome delle grandi ville dei veneziani di un tempo, i piccoli borghi illuminati e le tende dei pescatori cinesi che alle prime luci si metteranno all’opera (chissà se stanno dormendo, di certo mi avranno mandato a ………….).

Poi cala la foschia, i fari diventano dei traccianti ma non si vede niente, non ci sono riferimenti, rallento, ascolto il mio respiro.

Silea, Cendon, Casier, Casale, Musestre, Portegrandi, tutto d’un fiato, in un crescendo di intensità.

Alle 7 mi fermo, un campanile batte l’ora, ……………… quella di tornare indietro, spengo i fari.

Cambia lo scenario, un sole pallido stenta a farsi largo nella nebbia mattutina e si riflette nel fiume: è la mia alba di oggi, è bellissimo.alba

Incontro il primo podista, devo fare veloce, tra un po’ non si correrà più come prima, e poi mi aspettano a casa per le 9.

La velocità aumenta, il fondo ciclabile è buono, non sono ancora cadute le foglie e con la luce del giorno vado più sicuro.

Adesso le sagome notturne prendono forma e mi rendo conto che i rami che mi sfioravano sono proprio vicini, alcune barche si muovono piano, i cinesi sono usciti con le canne da pesca.

Sono sorpreso nel vedere uno scoiattolo dalla grossa coda rossa in mezzo al sentiero, non ha paura del rumore delle mie ruote ma poi si scosta prontamente.

Mi fermo a gustare il paesaggio di inizio autunno.

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Riparto, ma a Casier sbaglio a non uscire dalla pista ciclabile e vengo a contatto con dei podisti, pedoni con cani al guinzaglio e ciclisti vari che mal sopportano una MTB che viaggia velocemente. Pazienza.

La prossima uscita è a Silea, la prendo subito, sono le 8:15, il giro è finito, si torna a casa.

Ricomincia la mia giornata, ma con un gusto diverso, più intenso.

Francesco

CI ARRIVERAI SOLO COL CUORE di Francesco Pavan.

Pensavo che il motto “dove non

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arrivano le gambe arriverà il cuore” fosse solo uno slogan per rendere epico l’evento.

Mi sbagliavo.

La randonnèe a cui ho partecipato sabato 9 luglio ha un percorso lungo circa 230 km con 7000 metri di dislivello, partenza da Tesero, nove passi dolomitici e arrivo sull’Alpe di Pampeago.

Mi sono iscritto per primo a dicembre, mi piacciono le sfide, le sfide alla mia portata però, quelle in cui sai che puoi farcela se ti impegni un po’ più del solito.

Il percorso non è impossibile, solo che le due salite più dure, dopo quelle iniziali (Valles e Fedaia), solo alla fine (Lavezzè e Pampeago), dopo essersi sciroppati 188 km e altri 5 passi minori.

Ma partiamo.

Ore 8, discorso introduttivo dell’ideatore dell’evento e poi via in 170 verso il Valles.

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UN SAPORE SPECIALE – il racconto di Francesco Pavan sulla sua partecipazione alla GF Sportful 2016

valico montagna

Ognuno ha dei luoghi speciali, degli eventi speciali, dei ricordi speciali. Per me la GF Sportful di Feltre è uno questi.

Si tratta di feeling, di sensazioni, di un non so che.

Ogni anno ci arrivo con la preparazione giusta giusta per riuscire ad arrivare al traguardo entro il tempo massimo.

Faccio tanta fatica ma ne vale la pena, perché ogni volta riesce a stupirmi:

cascatellatronchiparlo della maestosità delle Dolomiti, della sensazione di ristoro che trasmettono le cascatelle d’acqua, del profumo di legno dei tronchi appena segati, ma anche del freddo intenso della pioggia battente a 2000 metri di quota, della concentrazione che ti tira fuori per affrontare discese tecniche rese viscide da fango e acqua, della razionalità che deve emergere per dosare le energie (sempre scarse) necessarie a superare anche l’ultima asperità della gara (5000 metri di dislivello in tutto).

Tutto questo è la Sportful, una delle competizioni amatoriali più dure d’Europa, sempre diversa anche se il percorso è da anni sempre lo stesso.

Sportful lungo

Ma a renderla affascinante è una componente che non ha niente a che fare con la location: sono le persone, le persone che ti circondano.

arrivo

No, non parlo solo dei ciclisti che la scelgono dando il massimo per arrivare al traguardo, parlo della gente che è lì per te: del personale addetto a far funzionare la manifestazione, che ti aspetta fino alla fine, fino all’ultimo ristoro, presidiando anche l’ultimo incrocio. Queste persone ti incoraggiano a terminare la gara e ti consentono di farlo in sicurezza, anche sotto la pioggia, anche quando ormai è tardi, anche se ormai è domenica sera e fa freddo.

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E poi c’è quel sapore speciale che trovo solo qui, quello del calore della gente comune lungo il percorso, che aspetta anche te, uno degli ultimi, che ti applaude all’arrivo, che ti guarda con ammirazione e magari ti dice bravo, anche se mancano solo 15 minuti alla fine della competizione e sei pronto per la lavatrice.

Emozioni e sapori unici.

Francesco

 

PS.

Quando ho aperto la porta di casa alle 20:45 le mie ragazze mi sono corse incontro chiedendomi come era andata. Ho risposto con sincerità che ero arrivato tra gli ultimi. Hanno fatto una faccia indimenticabile: un misto tra stupore e delusione (naturalmente io, come tutti i papà per le bambine di quell’età, sono il loro mito, senza debolezze, invincibile, non può succedere che arrivi ultimo!). Ma un attimo dopo tutto era passato, mi hanno visto felice e soddisfatto, e questo è bastato.

LA VITA BELLA

LA VITA BELLA

Per chi segue il ciclismo quest’ultima settimana è stata ricca di emozioni: Nibali ha vinto il giro con capacità, fortuna e soprattutto con la “testa”, cambiando la sua impostazione mentale dal dover vincere per forza (unico vero big presente alla corsa rosa) a quella del “posso vincere se sto bene, se dimentico le pressioni che mi circondano e se sono affiatato con la mia squadra”.nibali

E la testa è stata importante anche per l’olandese Steven Kruijswijk che, per andare oltre il proprio limite, è caduto in discesa facendosi abbastanza male e spaccando la bici, riuscendo poi a contenere in soli 4 minuti il ritardo correndo verso il traguardo praticamente da solo (grandissima volontà)

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UN GIORNO FORTUNATO

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Da 2 anni aspetto questo giorno, dal 10.08.2014, quando una serie di coincidenze sfavorevoli mi avevano condotto in cima al Mortirolo dal versante sbagliato (da Grosio), un errore clamoroso che andava sanato.

Con le mie ragazze a marzo abbiamo architettato un week end a Bergamo, per incontrare degli amici, e come si fa a resistere al richiamo della vicina Valtellina? Quattro conti ed il programma è fatto: ci piazzo dentro anche il Mortirolo, versante da Mazzo, quello giusto.

Vigilo le previsioni meteo, brutta storia, acqua a non finire. Ma non si sa mai e allora caccio la bici nel bagagliaio e partiamo da comuni turisti.

Sabato a Bergamo non piove ma in Valtellina sì, vedremo domani.

Domenica alle 6 controllo il meteo sul cellulare, sembra perfetto. Colazione da minatore e poi via in direzione Tirano.

Parcheggio nella città del Trenino Rosso del Bernina (il più alto d’Europa), assemblo in fretta la bici, abbraccio le mie ragazze e parto.

C’è un vento fortissimo, potei finire a terra ad ogni momento, vado piano, circospetto. Percorro in apnea gli 8 km che separano Tirano da Mazzo, unico pensiero non cadere.

Finalmente arrivo al cartello Mortirolo, salita del Giro d’Italia, e appena imboccata la strada mi sento al “coperto”, protetto dai 38 tornanti e dal bosco.

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