UN GIORNO FORTUNATO

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Da 2 anni aspetto questo giorno, dal 10.08.2014, quando una serie di coincidenze sfavorevoli mi avevano condotto in cima al Mortirolo dal versante sbagliato (da Grosio), un errore clamoroso che andava sanato.

Con le mie ragazze a marzo abbiamo architettato un week end a Bergamo, per incontrare degli amici, e come si fa a resistere al richiamo della vicina Valtellina? Quattro conti ed il programma è fatto: ci piazzo dentro anche il Mortirolo, versante da Mazzo, quello giusto.

Vigilo le previsioni meteo, brutta storia, acqua a non finire. Ma non si sa mai e allora caccio la bici nel bagagliaio e partiamo da comuni turisti.

Sabato a Bergamo non piove ma in Valtellina sì, vedremo domani.

Domenica alle 6 controllo il meteo sul cellulare, sembra perfetto. Colazione da minatore e poi via in direzione Tirano.

Parcheggio nella città del Trenino Rosso del Bernina (il più alto d’Europa), assemblo in fretta la bici, abbraccio le mie ragazze e parto.

C’è un vento fortissimo, potei finire a terra ad ogni momento, vado piano, circospetto. Percorro in apnea gli 8 km che separano Tirano da Mazzo, unico pensiero non cadere.

Finalmente arrivo al cartello Mortirolo, salita del Giro d’Italia, e appena imboccata la strada mi sento al “coperto”, protetto dai 38 tornanti e dal bosco.

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Salgo piano, non voglio avere fretta.

Configuro un andamento non affannoso: il Mortirolo non è lo Zoncolan con in suoi rettilinei dove il tempo si ferma bloccato dalla pendenza e tantomeno la via degli Alpini che da Possagno porta a Bocca di forca, dove le pendenze sono continue e allucinanti, ma è sempre “Il Mortirolo” e va rispettato.

Ho il tempo di guardarmi attorno, la giornata è bellissima e tutto intorno le cime delle montagne innevate brillano, il sole mi scalda.

Ci sono solo io ma qualcosa mi dice che non sono qui da solo.

A mano a mano che salgo lo sento sempre più chiaramente, sento che incontrerò qualcuno e comincio a capire chi è. So che mi aspetta al km 8, ma non mi ricordo più su quale tornante.

E allora vado piano, non mi affanno, non voglio essere “di corsa”, inevitabilmente prima o poi comparirà.

Ed eccolo al tornante n. 11: Marco.

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Lo saluto con un cenno, ci rivedremo dopo, al ritorno. Non mi piace fermarmi in salita, mancano ancora 4 km (i più semplici), ma solo in cima ci può fermare con merito.

In alto è spettacolo: visuale stupenda, sole e la neve sufficiente a portare la temperatura a 10°C.

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Chiedo ad un motociclista di farmi una foto e poi giù. La strada è un po’ rovinata, vado con cautela.

Ora è il momento giusto, mi fermo dal Panta. E’ curioso come sia lì da anni ma sembra sia senza tempo, sembra in movimento, sembra che si guardi indietro prono a sferrare uno dei suoi scatti leggendari.

Sono colpito.

Non cercavo questo, volevo solo mettere tra le mie piccole conquiste anche questa salita, per poterla confrontare con le altre, classificarla. Ma non si può classificare un’emozione, la si prova e basta.

Oggi è stato un giorno fortunato.

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A presto.

 Francesco

 

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