PAOLO SCHIAVON: DA SPRESIANO A SAPPADA. QUANDO SI SCRIVE POTERE E SI LEGGE VOLERE.

FOTO GALLERY DELLA SPRESIANO SAPPADA 2018

(foto di Lello e Daniele Neri)

sappada 2018

 

Sabato 2 giugno, un’altra giornata (per me) da ricordare molto ma molto a lungo. Come ho già detto in altre occasioni, quando sento il profumo dell’avventura e della sfida, l’attrazione diventa irresistibile. Ma diversamente da altre volte, in questa occasione, dal momento in cui mi sono iscritto, fino al momento della partenza della corsa, il dubbio di aver fatto una sciocchezza mi ha assalito tante volte. Si, ok, è una cicloturistica con velocità controllata ma, 156 km non li ho mai fatti tutti in una volta e poi fatti i primi 25 km, il resto è tutta salita, ma io in salita non riesco ad andare e cosa ci vado a fare ? a far la figura di quello che vorrei ma non posso e poi basta guardare l’elenco degli iscritti della nostra società. Quasi tutti “ragazzi” attorno ai 40 che i 40 li fanno normalmente, chiacchierando tra loro, quando corrono in bici, ma io cosa ci vado a fare? Si, ok, ho cercato di allenarmi bene correndo anche di notte su e giù per il Montello e le sue prese ma arrivavo a casa con 60-70 km e 600 metri di dislivello non 156 km e 2.500 di dislivello come da programma della Treviso-Sappada. E poi la mia schiena negli ultimi giorni mi consigliava di ritirarmi mandandomi segnali dolorosi e insistenti quando ero in sella. Ma chi me l’ha fatto fare di iscrivermi? ma ormai era fatta e avevo anche coinvolto qualche amico esterno alla nostra società e quindi, mai e poi mai avrei potuto fare la figuraccia di ritirarmi all’ultimo momento. Ormai non era più un divertimento, ma era diventato un impegno da onorare assolutamente. Per me che sono abituato a fare una cosa se penso che posso farla, era diventata una sfida con me stesso, era un ritrovarsi di fronte all’asticella delle proprie possibilità alzata improvvisamente dove non era mai arrivata. Ero diventato nervoso, avevo modificato la mia alimentazione facendomi consigliare da amici che praticano sport di lunga durata, sconvolgendo le abitudini di casa e anche di mia moglie che ogni tanto mi guardava come fossi un alieno. A questo punto non era più “chi me l’ha fatto fare ?” ma era diventata “come posso fare a superare l’asticella delle difficoltà mai stata cosi alta per me ?”.


La sera prima chiamo un amico quasi coetaneo che da ragazzo è stato ciclista dilettante per farmi dare consigli su l’alimentazione, i rapporti da usare, a concentrazione sulla strada e sull’obiettivo e non sulle gambe. Escludere dai pensieri ricorrenti la parte piu in difficoltà momen
to per momento (le gambe, la respirazione, la fame, il ritmo cardiaco) e la raccomandazione finale di non rispondere mai agli strappi di quelli piu allenati di te che altrimenti rimani piantato sulla prima salita. Ok, dopo alcune serate passate cosi, credo di aver acquisito tutta una serie di informazioni utili a gestire questa giornata di mia follia. Arrivo alla partenza teso come una corda di violino. Mi guardo un po’ intorno e lo sconforto aumenta visto che l’età media di tutti partecipanti è attorno ai 40, mi ritrovo con il nostro Michele Valerio che anche lui si stava pentendo di aver partecipato e, sconsolato mi diceva “hai visto l’età media dei partecipanti ? Vedrai che quando arriviamo  a S. lucia di Piave, questi ci hanno già staccato irrimediabilmente. A quel punto ho deciso che dovevo solo concentrarmi, isolandomi da ogni forma di sconforto preventivo. L’amico Renato che avevo coinvolto nell’avventura mi raccomandava di stare sempre coperto e andare al risparmio, che la corsa è lunga e difficile. Una canzone patriotica suonata magistralmente da un violinista che ci ricordava il senso della manifestazione in onore del nostro fiume sacro, il Piave. Un brano epico intitolato “victory”  per dare la giusta carica ai partecipanti, i discorsi delle autorità e via si parte. Velocità controllata 25 km/h ? ma quando mai ? subito a 34-36 con punte a 42 e le moto di servizio che lasciavano fare probabilmente per allungare il gruppo rendendo meno  invadente la carovana. Mi metto in scia del nostro Giando che con la sua stazza mi fa stare abbastanza bene. Si va. Sempre oltre i 35, ma la gamba gira bene, resisto.In pianura riesco a difendermi abbastanza bene.Arrivano le colline di San Pietro di Feletto e qui velocemente cerco il mio ritmo e vado molto regolare. Fortunatamente è tutto un saliscendi che mi consente di recuperare in discesa. Quindi tutto abbastanza sotto controllo fino al Fadalto. Qui la respirazione si fa difficile e mi rendo conto di aver mangiato troppo prima di partire e qualche crampo allo stomaco mi fa compagnia, ma non lo ascolto e vado avanti. A metà Fadalto vedo Raffaello Neri che mi vuole dare una bottiglia d’acqua, la rifiuto e gli chiedo quando manca al primo ristoro. Mi risponde: “il ristoro è di sopra…”,  ma di sopra vuol dire un’altra decina di kilometri con la gamba imballata e lo stomaco in subbuglio. Non li ascolto e vado avanti. Arrivo al primo dei tre ristori che, dico subito, erano stati organizzati benissimo. La sosta è discretamente lunga, si può bere, mangiare qualche pezzo di crostata e risolvere qualche problema idraulico. Poi si riparte e….si sale,….si sale,…si sale. La strada non “molla” quasi mai e in queste situazioni io mi attardo quasi subito ma tengo d’occhio il ritmo della pedalata e il battito cardiaco. Non provo mai a tenere la ruota dei più forti, li lascio andare e nel bellissimo tratto di pista ciclabile a strapiombo sul Piave. Sono un pò preoccupato per la mia solitudine, ma per distrarmi cerco di godermi il paesaggio mozzafiato che mi circonda. Esco dalla ciclabile e trovo un nostro socio che mi stava aspettando e con lui facciamo tutta la vecchia Cavallera. Quando serve, lo spirito di squadra della San Lazzaro Goppion c’è….fantastico! Come sempre il nostro angelo custode Piero Fioretti, che con il furgone Sociale non ha mai smesso di tenere sotto controllo la situazione, soccorrendo prontamente l’amico Renato colpito da crampi violentissimi. Diverse volte mi ha chiesto se volevo salire in furgone ma poi ha capito che mai avrei accettato di arrendermi alle difficoltà della corsa. Passiamo il secondo ristoro a Cima Gogna dove trovo sempre mia moglie che non riesce a trattenere la preoccupazione per vedermi arrivare da solo ma poi, assieme alla moglie dell’amico Renato, mi incoraggiano a insistere. La strada è tutta un saliscendi (piu sali che scendi, ovviamente) e in uno strappo mi faccio staccare e affronto la galleria di 4 km che porta in Comelico, tutta in solitudine. Arrivo alla fine della galleria e trovo una pioggia battente ad attendermi.  Erano circa le 13 e la pioggia mi farà compagnia fino all’arrivo alle 15,30. Ok mi dico, l’ultima volta che ho corso con la pioggia ho forato e sono anche caduto, ma oggi sarà diverso! Devo stare molto attento, ma posso…..anzi no…..VOGLIO ARRIVARE ALLA FINE! la possibilità che io mi arrenda prima di arrivare non esiste e in quel momento io ero in contatto solo con i miei pensieri, non sentivo la stanchezza delle gambe né la respirazione difficile. Non sentivo la pioggia (ormai mi ero abituato all’acqua) non sentivo il freddo. AVANTI SEMPRE ! Mi sorpassa l’ambulanza di servizio, mi sorpassa il carro scopa, sono solo (però non sapevo che dietro di me c’erano ancora diversi ciclisti) Non importa, AVANTI SEMPRE! Sull’ultima lunga salita per Sappada il mio cervello non controlla piu i pensieri cattivi e mi fermo un paio di minuti in una piazzola di sosta. Mi si avvicina un componente dell’organizzazione e mi chiede se ho bisogno di aiuto. Mi dice anche che mancano circa 2 km al centro di Sappada e allora ho capito che ormai era fatta e sono ripartito più convinto che mai. Arrivato in centro cerco con lo sguardo il centro sportivo dove c’era il ritrovo per le docce, ma non lo vedo. Attraverso tutto il paese e mi indicano che devo svoltare in una stradina secondaria che sembra non finire mai. Alla fine arrivo e trovo mia moglie che prima mi regala un sorriso compiaciuto e subito dopo mi “spinge” dentro gli spogliatoi. Non mi ero ancora reso conto dell’impresa portata a termine e mi ritrovo con Martino e Adino che si complimentano con me per l’impresa compiuta. Solo allora inizio a pensare che ho fatto qualcosa di superiore alle più rosee aspettative (mie ma soprattutto degli altri amici ciclisti). Sparisce improvvisamente la stanchezza e mi prende una grandissima euforia che continua anche durante il viaggio di ritorno quando  Ermes, il nostro “frecciarossa” mi dice che posso tranquillamente stare al passo con i migliori della nostra società, devo solo autoconvincermi che è possibile e mantenere l’asticella degli obiettivi allo stesso livello conquistato oggi. Il senso vero dello sport palestra di vita.Torniamo alla manifestazione che si è conclusa con un pranzo affascinantissimo in rifugio accompagnati da musica dal vivo e dalle premiazioni. La San lazzaro Goppion ha vinto il premio per il gruppo più numeroso (ritirato prontamente da Michele Valerio,  scattato come una molla, verso il palco della giuria  perché evidentemente più fresco e reattivo rispetto agli altri soci) , e Italo ha vinto il premio per il partecipante più anziano. Io ho terminato (molto nelle retrovie) con 24,85 km/h di media su 185 km totali con un dislivello di 2.290 metri.
In conclusione una manifestazione molto difficile da organizzare lungo il percorso ma comunque molto bella e ben riuscita, probabilmente molto piu vicina ad una gran fondo che ad una cicloturistica. E adesso che ci ho preso gusto…attendiamo le prossime manifestazioni del genere!

 

Paolo Schiavon

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