UNA GARA UNICA

L’evento è di quelli importanti, gli organizzatori lo sanno e lo hanno caricato di aspettative, di attese: è un sogno che può diventare realtà!

 

Dapprima mi sento coinvolto, mi iscrivo con convinzione, ma poi una volta lì, vedendo schiere di atleti determinatissimi che si allenano a testa bassa per i saliscendi di Solden, come fossero dei professionisti, prendo un po’ le distanze (il mio spirito randagio cerca altri aspetti nel ciclismo).

Pazienza, ormai sono qui, cercherò di scoprire se dietro a questo “carrozzone mediatico” c’è della sostanza che mi piace.

Il percorso è senza mezze misure (unico, con 238 km e 5500 m D+).

Le condizioni meteo sono sempre molto incerte, siamo a fine agosto con passi di alta montagna…..

Insomma, qui si fa tutto terribilmente sul serio ma vedo che niente è lasciato al caso, l’organizzazione è molto preparata, a partire dai mezzi e dal personale predisposti all’assistenza fino al briefing pregara, con tanto di bollettino meteo alla Bernacca.

Da parte mia ce la metterò tutta per farcela. Proverò a gestire la situazione seguendo i consigli di chi l’ha già fatta e secondo le mie condizioni fisiche del momento.

Quest’anno mi sono allenato duramente con giri lunghi, grandi dislivelli, spesso in solitaria, spesso ad orari improbabili, provando soddisfazioni ma anche delusioni per una forma fisica che stentava a venire.

E allora sono partito con il solo obiettivo di arrivare, ci ho provato con determinazione tutto il giorno e, …….. alla fine ce l’ho fatta, anzi, è andata persino meglio di quanto mi aspettassi.

Ma non è per aver “portato a casa” questa prestazione che mi ricorderò dell’Otztaler Radmarathon, ma per l’atmosfera che mi ha avvolto sin dalla partenza alle 6:45 fino all’arrivo alle 19:20. Parlo del sostegno della gente comune lungo il difficile percorso, che quando ci vedeva passare (anche se ero dentro ad un gruppetto disperso, piuttosto attardato rispetto ai primi) ci incitava con un “HOP, HOP, HOP….SUPER….BRAVO”, seguito da un applauso (e solo dopo alcune ore di gara ho capito che la seconda espressione, pronunciata “züpper”, non voleva dire “meriti una zuppa” ma “sei super”).

Addirittura sul Passo Giovo, lunghissimo come tutte le altre 3 salite, qualcuno del pubblico, vedendomi arrancante, ha letto il mio nome scritto sulla targhetta del manubrio e mi ha incitato chiamandomi per nome. Un’emozione fantastica, indimenticabile.

Come indimenticabile è stato l’ultimo tratto di discesa lungo circa 30 km dove, andando piano per l’asfalto bagnato, ho avuto il tempo di ripensare a tutta la gara, ripercorrendo le difficoltà passate in una giornata così lunga, al grande sforzo fisico e a quello mentale per mantenere alta la concentrazione; a tutta l’incertezza per un percorso che non avevo mai fatto prima, alle salite veramente interminabili, al freddo pungente della pioggia e del vento a 2500 m sul passo del Rombo……..e mi sono quasi emozionato.

Poi sul traguardo lo speaker ha pronunciato il mio nome, la mia famiglia era lì ad aspettarmi e mi sono commosso.

Ma è successo solo a me? No, mi sono guardato attorno ed eravamo tutti presi così. La giornata era stata troppo intensa, è stato uno sfogo liberatorio, bello, umano.

E’ durato un attimo, mi sono ricomposto ed è iniziata la festa, con gli abbracci, le foto, i complimenti, il meritato ristoro finale.

E poi ci sono le persone che ho visto durante la gara, lasciando perdere i campioni da granfondo, quelle nelle mie condizioni, ognuna con la sua storia ed i propri obiettivi da realizzare, ognuna messa a nudo da questo sforzo devastante:

  • qualcuno non ce l’ha fatta;
  • qualcuno l’ho trovato a piedi sull’ultimo passo alpino che spingeva la bici, resistendo alla tentazione di salire sul carro scopa che gli passava accanto.

E poi ho potuto fare i complimenti a Giorgio, un italiano che pedalava con una gamba sola, senza protesi su quella mancante. Da solo non avrebbe potuto nemmeno scendere dalla bici! Mi ha guardato ed ha accennato ad un sorriso di ringraziamento. Erano più di 11 ore che era in sella, non è semplice, non credo che al suo posto ce la farei …..

Infine chiudo con la conferma di un altro aspetto che esalta questa gara, l’arrivo dell’ultimo partecipante in tempo utile. Sono le 20:30 circa, ormai è quasi buio, dietro a quest’ultimo ciclista ci sono tutti i mezzi dell’organizzazione a sirene spiegate e strombazzanti, un tripudio, sembra sia lui il vincitore della gara. Appena passato il traguardo, ancora ansimante, lo accompagnano sul podio e lo speaker si complimenta per la riuscita della sua impresa. E poi gli chiede se l’anno prossimo sarebbe tornato a fare la gara. Parlava inglese ma tutti abbiamo capito che non è riuscito a trattenere un plateale vaffan…….

E giù tutti a ridere di gusto.

 

Frank

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