LA PINA INFUOCATA

Francesco Pavan
Francesco Pavan

Sveglia alle 5.
Pasta.
Creme varie (fondamentale quella soprasella).
Giro di riscaldamento.
Appuntamento alle 6:45 presso il corner Goppion per il caffè di rito.
Alle 6:25 il buon Michele Valerio è già in posizione (le cose lui le fa per tempo, da sempre, forse anca massa par tempo!).
Manca la corrente e il nostro buon Mario dissimula il disappunto raccontando alcuni aneddoti, come quello della scelta di fare la maglia sociale ad apertura parziale perché “l’unica volta che una foto dei Goppion viene pubblicata su Ciclosport, il protagonista, tale Gigi Cattarin, ha la maglia completamente aperta e non si riconosce lo sponsor”!
Arrivano tutti con l’eccezione di Luciano 1°, alle prese con problemi meccanici già nel pre-gara e Angelica.
Il preside porge un saluto veloce.
Mi accordo con Marco Chin per fare il percorso lungo assieme, gli altri faranno il corto.
Partenza caotica come al solito, ma noi non abbiamo fretta, l’obiettivo è arrivare, il resto non conta.
Solito avvio veloce, solite gomme che si afflosciano perché gonfiate al limite, soliti incidenti da adrenalina.
Arriviamo con calma al primo ristoro, di tutti sicuramente il più operativo e sotto pressione, ma all’altezza della situazione come di prassi per i nostri operosi Goppion .
Ritroviamo Michele, quelli della maglia nera sono più avanti. Comincia il caldo.
S. Boldo in scioltezza, ristoro, la bella Valmorel e poi Trichiana e Mel. Il sole si impenna, temperatura attorno ai 35°C, sono le 11:40 (quelli della maglia nera sono già in vista del traguardo).
Del gruppetto che ci accompagna pochi conoscono il percorso e chiedono lumi su lunghezza e durezza della salita (che differenza con la Sportful, dove anche l’ultimo si è studiato per bene il tracciato!).
Il primo strappo sfianca ma viene superato grazie all’orgoglio, il secondo invece porterebbe a mettere il piede a terra e la tentazione di cedere è forte, poi la sofferenza diventa iperbolica all’aumentare della pendenza e del caldo. Ma bisogna continuare imperterriti “a testa bassa su per la salita” (Ciano ha dettato un vero e proprio comandamento), e poi sabato c’è il Challenge, questo è un allenamento.
Arriviamo in cima, io visibilmente provato, Marco molto più tonico.
Mi svuoto 3 bottiglie d’acqua in testa e ritorno “in qua”.
Mi specchio nelle facce di chi mi circonda, quelli forti che non temono nulla è da un pezzo che sono passati, un commissario di gara borbotta che siamo in forte ritardo che dovremmo affrettarci e non stenderci all’ombra a riposare. Ma noi siamo i normali, quelli che corrono in bici per passione, quelli che vogliono arrivare fino in fondo e che si conoscono, quindi è meglio seguire il proprio istinto, mancano ancora 60 km all’arrivo.
Spinta dall’esigenza, la mia testa elabora velocemente un piano di rientro che prevedere un’abbondante innaffiatura del corpo ad ogni fontana che capita a tiro: testa, polsi, piedi, tutto in acqua! E funziona. La temperatura corporea diminuisce ed aumenta il morale.
Quindi via nel saliscendi del ritorno, frammentato a “pissa can” dalle soste alle fontane, con Marco un po’ tra il divertito nel vedermi “giocare con l’acqua” e l’incazzato perché pensava di arrivare attorno alle 14:30.
Tant’è che arriviamo attorno alle 16:30 spinti dal miraggio di una birra ghiacciata e con un pensiero ai corridori del Tour de France che iniziano la gara alle 12 per esigenze televisive! Ci credo che sono costretti a doparsi!
Beh, quelli che sono partiti sono arrivati tutti e quindi bravi nello sfidare delle condizioni ambientali al limite e a combattere con il pensiero ricorrente: ma chi me lo fa fare?
3 pensieri infine:
Il primo rivolto ai volontari dei ristori e del presidio agli incroci, impeccabili fino alla fine (e quando siamo arrivati noi era proprio verso la fine);
Il secondo rivolto a quel ciclista “made in japan” disteso sul ciglio della strada a Cusignana attanagliato dai crampi e alla ricerca delle ultime energie per arrivare al traguardo. Non mollerebbe mai, da vero kamikaze;
Il terzo e ultimo va a quella famigliola svizzera, padre, madre e tre bambini di età massima 12 anni, tutti in bici, che si sono fatti come noi la salita del Praderadego trainando un carrettino con la tenda, viveri e il sacco a pelo, incoscienti ma determinati, che hanno stappato un applauso spontaneo a tutti i ciclisti e guadagnato un posto al ristoro. Che carattere!
Vi lascio. Speriamo che piova altrimenti sabato prossimo il Challenge sarà breve per tutti e per di più non ci sono fontane tra partenza e arrivo!
Francesco

DESKTOP 2003

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